Le fantasie di un Serial Killer
- friinza
- 9 nov 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 5 dic 2020
La fantasia è l'elemento che spinge quasi tutti i serial killer ad agire.
Nel bambino abusato le fantasie servono come via di fuga dalla realtà violenta che lo circonda, permettendogli, almeno nella propria testa, di reindirizzare quello che subisce riacquistando idealmente un controllo sulla propria vita.
Questo spesso rende il soggetto omicida profondamente disturbato da sentimenti di inadeguatezza profondi, dalla credenza di non avere valore o importanza. Sentimenti spesso ampliati da fattori facilitanti come alcol e droghe.
Il comportamento che l'omicida seriale assume sulla scena del crimine si modella su queste fantasie che spesso comprendono un rapporto sadico e violento con la vittima.
Ma fantasia e realtà sono due materie ben distinte, e nel momento in cui non coincidono, ecco subentrare immagini e pensieri sempre più precisi.
Le torture che il serial killer attua, infine, rappresentano il desiderio espresso di spersonalizzare la propria preda. Nel momento in cui la tortura o le violenze vengono messe in atto le fantasie legate al trauma infantile vengono alla luce.
I traumi così espressi possono maturare anche per molti anni nella mente dell'assassino, quello che li farà esplodere sarà un fattore scatenante: l'ennesimo trauma che ricorderà anche a livello simbolico la violenza chiusa in un cassetto della mente.
Joel Norris è il primo psicologo a ipotizzare e descrivere la ciclicità del processo evolutivo del serial killer:
fase aurorale: avviene il graduale distacco dalla realtà, dove le fantasie si fanno sempre più precise che spingono il soggetto in azione.
fase di puntamento: come un cacciatore con la propria preda, l'omicida studia la sua vittima.
fase di seduzione: avviene il primo vero approccio con la vittima, che viene in un primo momento "sedotta" poi in qualche modo ingannata e sopraffatta.
fase della cattura: in cui la vittima è pienamente controllata dal suo aguzzino.
fase omicidiaria: momento in cui il serial killer rivive le sue fantasie, tramite lo scarico emotivo e sessuale dell'atto di morte.
fase totemica: per prolungare il proprio piacere e le proprie fantasie, il serial killer conserva un oggetto derivante dal proprio omicidio.
fase depressiva: subentra non appena l'illusione svanisce, viene meno il piacere e avanza la consapevolezza di non aver cambiato la propria vita.
Il ciclo è completo e può così ripetersi.
Da notare che in alcuni casi il serial killer dopo la fase depressiva scelga di consegnarsi alla giustizia, ma è un evento che succede di rado.
Differenza fra "trofei" e "souvenir"
Durante la fase totemaica l'omicida porta via dalla scena del crimine un oggetto, Per gli analisti dell'FBI possiamo distinguere questi oggetti in trofei, caratteristica degli assassini organizzati che desiderano uno stimolo visivo forte per alimentare le proprie follie,
e souvenir (o feticci) che sono caratteristici invece di un tipo di assassino disorganizzato, che prende qualcosa per il gusto del ricordo.
Questi oggetti, ad ogni modo, costituiscono il centro pulsante di tutte le loro fantasie malate ed è importante per gli investigatori scoprire cosa venga sottratto dalla scena o dalla vittima per risalire al profilo criminale.
Se non c'è interesse in un oggetto, o il tipo di omicidio rende difficile il reperimento del ricordo, il serial killer può anche recarsi sulla tomba della vittima, per dimostrare la propria realizzazione.
Alcuni esempi:
Edmund Kemper conservava come souvenir i documenti delle vittime
Ted Boundy scattava polaroid alle proprie vittime
John Wayne Gacy nascondeva i corpi delle sue vittime in cantina
Ed Gein amputò una quantità disarmante di parti e articolazioni umane
Gianfranco Stevanin tagliava e conservava i peli pubici
Fritz Haarmann si appropriava degli indumenti delle sue vittime

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